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Non è finita finché non è finita – estratto dal libro “Invictus” di David Campomaggiore

L’acqua tiepida della doccia mi scorre sulla schiena, mi rilasso. Squilla il cellulare. Lo guardo da lontano e leggo che mi stanno chiamando da uno dei miei negozi. Allungo il braccio facendo cadere molta acqua sul pavimento, potrebbe essere importante quindi devo rispondere.
“Pronto?”

Attimo di silenzio rotto dal pianto disperato di Giulia, una delle mie collaboratrici.
Singhiozza. Non riesco a capire molto di quello che dice ma afferro alcune parole: rapina, hanno preso tutto.

Il tempo si ferma. L’acqua che esce dal soffione della doccia sembra rimanere sospesa nel vuoto, non sento più nulla se non il rumore dei pensieri confusi che alla velocità della luce volano nella mia testa. Avevo appena preso uno degli schiaffi più forti e violenti che la vita mi abbia mai riservato.

Facciamo un salto a qualche anno prima.

Fa caldo, caldissimo. La cravatta mi stringe il collo e il sudore mi ha impregnato la camicia sotto la giacca. Sto andando in giro di casa in casa cercando di vendere quella che a quei tempi era un’assoluta novità: caffè in cialde della Lavazza.

Non dovevo semplicemente vendere caffè ma convincere annoiate casalinghe a sottoscrivere un contratto annuale di caffè per un importo di 1000 euro! Si macinavano chilometri per fare innumerevoli appuntamenti andati male al fine di ottenere di tanto in tanto una commissione sulla vendita. A distanza di tempo ti dico che quella scuola di strada mi ha insegnato molto riguardo la vendita, la determinazione, le persone.

Ho anche capito perché vendere è un lavoro così faticoso quando l’approccio che ti insegnano è del tutto sbagliato. Prendevano sbarbatelli affamati, gli impiantavano nel cervello un discorso di vendita sempre uguale da recitare a memoria, sapendo che statisticamente su ogni tot di appuntamenti, uno andava in porto. Un vero massacro di energie e speranze per i venditori che dopo pochi mesi mollavano esausti per lasciare il posto a nuovi ignari giovanotti.

Mi squilla il telefono, rispondo.
“Buongiorno, sono Raffaella dell’ufficio risorse umane Alitalia. La chiamo per invitarla presso la nostra sede a firmare il contratto di assunzione. Comincia domani.”
Non ricordo di aver mai attaccato, non ricordo cosa risposi. Ricordo solo un senso di liberazione bellissimo.

Diversi mesi prima avevo fatto un test di ammissione con prova scritta, prova orale e colloquio con quello che sarebbe poi diventato il mio capo ufficio. Ero stato selezionato tra oltre 20 candidati; sicuramente i miei studi al Tecnico Aeronautico mi avevano dato un vantaggio rispetto agli altri.

Dovevo essere assunto subito ma qualche giorno prima della firma, 2 aerei di linea si schiantarono sulle Torri Gemelle di New York. Il mondo si fermò, le borse crollarono, il turismo si paralizzò, Alitalia bloccò ogni tipo di assunzione. Ricordo di aver chiamato ogni mese l’ufficio risorse umane per sapere se c’erano novità, neanche ero stato assunto e credo già non mi sopportassero più.

Fin da piccolo ho sempre voluto fare il pilota di aerei. Non sono riuscito a entrare in Accademia Aeronautica a causa di un piccolo incidente avuto quando ero piccolo, le selezioni fisiche sono rigidissime. Di prendere la licenza commerciale privatamente non se ne parlava dato che ai tempi servivano 120 milioni di lire, e io ero povero in canna.

Sono cresciuto con mia madre che faceva tre lavori per pagare l’affitto e mettermi un piatto di pasta a tavola ogni giorno. A quei tempi ero piccolo, non lo capivo, ma c’erano sere in cui mi diceva che non aveva fame e che le bastava una tazza di latte. Lo faceva perché i soldi erano pochi e preferiva che io mangiassi una fettina di carne. È una cosa che avrebbe fatto ogni madre, probabilmente. Non finirò mai di ringraziarla per le sfide che ha affrontato da sola pur di proteggermi. È chiaro quindi che aiuti finanziari per il mio sogno di fare il pilota non potevo chiederne.

Sono andato a vivere da solo a 20 anni e ho fatto anche più lavori contemporaneamente come il cameriere in trattoria o in hotel 5 stelle con i guanti bianchi, consegne di pizza a domicilio, volantinaggio. Avevo anche studiato in modo autonomo il Visual Basic, un linguaggio di programmazione ormai un po’ antico, grazie al quale ero riuscito a vendere la realizzazione di alcuni gestionali personalizzati per aziende.

Mentre avevo amici che se la spassavano tra Erasmus all’estero, serate e discoteche, io vivevo in continuo equilibrio tra posso e non-posso contando ogni euro che spendevo.

Entrare in Alitalia come Tecnico Operativo è stata una svolta. Mi occupavo dello studio delle performance degli aerei, producevo i manuali di bordo, scrivevo procedure di emergenza e molto altro. Era quanto di più vicino al mio mondo dei sogni potessi desiderare. E devo ammettere che per tutti gli anni che ho lavorato lì come colletto bianco mi sono davvero divertito, ho imparato tantissimo da colleghi veterani che avevo come compagni di ufficio, ho viaggiato in giro per il mondo per corsi di formazione e riunioni.

Dopo la prima ristrutturazione in cui Alitalia prese il nome di CAI, le cose all’interno cambiarono tantissimo, l’atmosfera si rovinò completamente. Nasceva in me il germe dell’insoddisfazione che ho alimentato per oltre un anno. Un anno di sveglia al mattino presto, accompagnata solo da pensieri negativi per l’idea di andare a lavoro. Non ero più felice.

Con il tempo cresceva la frustrazione e la consapevolezza che non stavo creando niente che fosse veramente mio. La crisi dell’Alitalia, i numerosi tagli del personale, vedere colleghi e amici portare via dopo anni di lavoro le proprie cose in una scatola di cartone, non faceva altro che amplificare l’insoddisfazione di essere parte di un meccanismo che non aveva nulla a che fare con le persone. Eravamo solo un numero di matricola stampato su un tesserino.

Sebbene mi fossi “salvato” dalla mattanza del personale e fossi stato confermato, sentivo di aver ben poco da festeggiare. Certo, avevo mantenuto il tanto desiderato posto fisso a tempo indeterminato, ma sapevo che non poteva essere quello il mio futuro.

Grazie ad un amico gioielliere che mi ha avvicinato al mondo dell’oro, ho cominciato ad appassionarmi alla materia dei metalli preziosi e a studiarla a fondo in tutte le sue parti.
Un giorno come tanti ho chiamato mia madre per dirle che volevo dare le dimissioni e avviare la mia impresa. Volevo aprire un negozio di Compro Oro! A quei tempi se ne sapeva davvero poco e ce ne erano pochissimi a Roma.

Dopo una prima reazione di panico per l’idea che stavo per lasciare il posto fisso a tempo indeterminato, mia mamma decise di appoggiarmi in pieno. Nel 2010 presentavo le dimissioni dall’Alitalia e aprivo il mio primo negozio di Compro Oro. All’inizio è stata durissima. Sapevo pochissimo della materia, non ero formato come imprenditore, il settore veniva malvisto e c’era moltissima diffidenza da combattere.

Il saggio consiglio che andrebbe dato in queste circostanze è: formati, preparati, studia e solo dopo apri la tua attività, altrimenti rischi fortemente di fallire presto.

Probabilmente è il miglior consiglio razionale che si possa dare. Allo stesso tempo però la società di oggi è basata tutta sulla velocità. Velocità di azione, velocità di pensiero, velocità di adattamento, velocità nel prendere le decisioni, velocità nel tornare sui propri passi e correggere il tiro prima che sia troppo tardi.

Se avessi aspettato il tempo necessario a formarmi, avrei perso l’enorme vantaggio rispetto ai competitor che invece mi sono preso grazie alla velocità di azione. Ho aperto quando nessuno parlava del settore e ho cavalcato tutta l’onda quando il settore è diventato iper inflazionato.

Certo, ho commesso errori per impreparazione ma ho corretto ogni volta il tiro, ho studiato tutto quello che potevo mentre facevo. Fatto è meglio che perfetto. Intanto parti, poi correggi lungo la strada. Se aspetti il momento perfetto per cominciare, non lo farai mai.

Mi sono subito scontrato con quella che era la realtà: i tantissimi concorrenti improvvisati che per anni hanno contribuito a creare molta disinformazione e malcontento nel settore, mi hanno costretto a sostenere confronti a volte veramente difficili con clienti confusi e soprattutto molto diffidenti.
E come dargli torto!

In giro si vedevano solo Compro Oro con pubblicità sensazionali e promesse incredibili, ma allo stesso tempo TV, giornali e radio davano continue notizie di quante truffe facevano questi Compro Oro ai clienti, di quante volte povera gente ignara era stata imbrogliata non ricevendo il giusto valore in soldi per la vendita del proprio oro. Anche io al loro posto avrei avuto la stessa reazione e probabilmente avrei abbaiato con rabbia in ogni Compro Oro della città.

Le cose non erano facili, la concorrenza era spietata e faceva danni a tutto il settore. La gente non ti dava neanche modo di spiegare il tuo punto di vista.
Nonostante questo ero determinatissimo a fare le cose per bene, a far quadrare i conti. Contavo ogni singolo euro speso, avevo un file excel pieno di numeri. Guadagnavo bene ma non avevo cambiato minimamente il mio stile di vita.

Nel giro di pochi mesi aprivo il secondo negozio e cominciavo a fare la trottola tra i due punti. Stavo imparando per la prima volta sulla mia pelle cosa significasse gestire dipendenti, affitti, tasse, spese di ogni genere che neanche avevo messo nel mio business plan. Era dura ma con grande sforzo stavo costruendo qualcosa.

Fino a quando un giorno, mentre ero sotto la doccia, mi arrivò una telefonata. Era Giulia, la mia collaboratrice che lavorava in uno dei negozi.
Un giovedì pomeriggio qualunque, due malavitosi decisero di farmi visita per compiere una rapina. In 5 minuti portarono via un anno di guadagno.
Avevo commesso il terribile errore di sottovalutare questa possibilità. Non mi ero preparato a dovere, non avevo formato il personale su questo aspetto, non avevo preso le giuste precauzioni e tutele.
La colpa era soltanto mia.

Il mondo mi era crollato addosso, la vita mi aveva colpito duramente con tutta la sua forza. Ero a terra.
“Al diavolo!”, pensai, “ormai i colleghi disonesti hanno rovinato per sempre la reputazione di questo settore ed è impossibile che riesca a risollevarmi”.

Un giorno, navigando su internet quasi senza motivo, avevo scoperto per caso la pubblicità di un corso di formazione su marketing e business. Ero molto scettico ma non avevo davvero più niente da perdere, così decisi di andare. A contatto con imprenditori di alto livello e massimi esperti in vari campi del business, ho cominciato a studiare come semplificare i processi e le procedure interne della mia azienda, come fare marketing, come posizionarmi sul mercato con una comunicazione che differenziasse il mio brand.
Ho letto di tutto, seguito corsi sul web e dal vivo in giro per l’Europa.

Dopo aver studiato notte e giorno e applicato gli insegnamenti ricevuti, ho dato un nuovo nome al mio brand, OROETIC.

Ho strutturato e realizzato il Sistema “Oro Sicuro”, in pratica una serie specifica di procedure che permette ai clienti di avere sempre il controllo della vendita del proprio oro ed avere la consapevolezza che non li sto imbrogliando.

Grazie a questo Sistema aiutavo le persone ad ottenere fino al 37% in più rispetto alla concorrenza senza dover girare come trottole per decine di Compro Oro e anche se avevano pochi grammi d’oro da vendere.

Più applicavo questo Sistema, più le persone rimanevano soddisfatte lasciandomi testimonianze positive. La fiducia aumentava e così anche l’ottimismo. Era tornata in me un’irrefrenabile voglia di non mollare e non darla vinta a tutti quei criminali che pensano solo al profitto affondando l’etica professionale di questo lavoro. Da quel momento mai più un solo cliente è uscito dal negozio senza avere la certezza di essere pienamente soddisfatto per la vendita del proprio oro.

Più persone aiutavo a vendere il proprio oro, più guadagnavo la stima dei miei clienti e una certa autorità nel settore. Ho iniziato a collezionare così tante recensioni positive che alla fine ho dovuto accettare l’idea di essere davvero diventato un punto di riferimento per chi voleva vendere oro.

Il mio sforzo nell’aiutare la gente a capire come scegliere a chi vendere il proprio oro in cambio di soldi era davvero importante. Mi piace dire le cose come stanno e le persone lo avevano capito. C’era però un problema. Riuscivo a parlare solo con una persona alla volta e questo era un limite perché vedevo che la gente era affamata di informazioni ma non sapeva dove prenderle.
È così che mi sono messo al computer e ho cominciato a scrivere articoli. Ho scritto tanto, rispondendo a tutte quelle domande che mi sono state fatte centinaia di volte dai miei clienti. È proprio così che è nato il mio blog www.vendereorousato.com

Rispondendo a una domanda così forte di informazioni, il blog è diventato in breve tempo il punto di riferimento sul web per quanto riguarda la compravendita di oro e argento. Ogni mese quasi 30 mila persone leggono i miei articoli e li commentano facendomi i complimenti per l’enorme mole di informazioni gratuite che trovano.

Ho cominciato ad avere così tanto seguito che mi è venuto naturale passare dall’online alla carta stampata.
Nasce così il mio primo libro, “La verità sull’oro” che racconta il “dietro le quinte” del mondo dei Compro Oro, svelandone vizi, magagne e strategie per strappare il miglior prezzo possibile durante la trattativa di vendita del proprio oro usato.

Ho aperto successivamente altri negozi e dato in franchising il mio marchio a un imprenditore di Milano che voleva assolutamente aprire un Compro Oro con il brand OroEtic.

Avrei potuto accontentarmi ma, come già mi era successo in passato, dopo un po’ sentivo una certa irrequietezza. Avevo bisogno di nuovi stimoli, nuove sfide, nuove avventure.

Ed è qui che comincia la mia terza fase di vita, dopo quella del dipendente e dell’imprenditore, mi trasformo in un imprenditore seriale aprendo aziende nei settori più disparati.
Ho lanciato con successo una catena di sexy shop automatici di altissimo profilo, sembravano boutique con uno stile molto europeo. Ho vissuto momenti di divertimento incredibile nel gestire la catena e realizzare le campagne pubblicitarie.

Si chiamava Fun Factory h24 ed era una derivazione del brand tedesco Fun Factory con cui ho allacciato fitti rapporti di collaborazione per il territorio italiano. Quando ho considerato concluso il mio percorso sono riuscito a fare cash out in modo profittevole, vendendo l’intera società a quello che era un affiliato della rete.

Nel tempo ho fatto business in diversi settori, alcuni con successo, altri sono stati invece degli enormi fallimenti. Insieme ad altri soci ho lavorato nel mondo degli pneumatici, degli impianti dentali, delle poste private e altro ancora.

A proposito di poste private, quella è stata un’esperienza davvero degna di nota. Insieme al mio socio Kostantin Zavinovski avevamo acquistato l’affiliazione a un famoso franchising di poste. Nel tempo però quel modello di business non stava funzionando come speravamo, tutti i guadagni venivano prosciugati dal costo del personale. Avevamo provato a proporre dei cambiamenti al franchising arrivando ben presto allo scontro.

Convinti della nostra idea eravamo usciti dalla rete creando un brand tutto nostro, Postino Puntuale – Solo Posta Condominiale.
Avevamo capito infatti che non bastava essere una posta privata per professionisti, volevamo stringere ancora di più il nostro focus e lo avevamo fatto sugli amministratori di condominio.

Abbiamo messo in piedi tutte le strategie di marketing che conoscevamo spingendo moltissimo sulla costruzione del brand. Nel giro di un paio d’anni eravamo la posta privata per amministratori di condominio numero uno a Roma. Questo ci ha permesso di andare in trattativa con una grandissima azienda del settore che ha comprato l’intera società a una cifra davvero incredibile viste le premesse di qualche anno prima.

Devi pensare che tutti gli altri punti del franchising hanno avuto solo due destini: c’è chi ha chiuso perdendo tutto (la rete in breve tempo si è dimezzata) e chi invece è rimasto incastrato in quel modello guadagnando una miseria a fronte di un’enorme sforzo lavorativo.

Siamo riusciti dal nulla a creare valore per il nostro brand, un valore che ci è stato riconosciuto dal mercato. Se non avessimo creduto fortemente nelle nostre idee molto probabilmente avremmo raccontato questa storia come una perdita copiosa di soldi per le nostre tasche.

Nel momento in cui scrivo sono, come detto, nel settore dell’oro e dei gioielli. Ho fondato inoltre insieme ad altri soci una società che si occupa di amministrazione condominiale e un’altra di ufficio stampa e Digital Pr.

Da queste esperienze ho conosciuto soci davvero incredibili, e altri con valori totalmente diversi dai miei, motivo per il quale il successo era qualcosa impossibile da raggiungere insieme. Ho imparato lezioni molto dure ma essenziali. Da ogni sbaglio e fallimento ho cercato di tirare fuori qualcosa, come ad esempio una delle mie regole sovrane.

Lezione numero 1: mai fare business con chi non investe di tasca propria una parte di capitale.

Ogni volta che ho ignorato questa regola pensando che poteva esserci un’eccezione, sono stato giustamente punito. Progetto naufragato, energie, tempo e soldi persi.

In un momento della mia vita ho cercato anche di fare business in Svizzera. La mia ambizione di fare qualcosa oltre i confini italiani era più forte di ogni analisi logica e razionale del business in se. Ho sottovalutato le persone con cui avevo a che fare, ho ignorato chiarissimi segnali di incongruenza, ho regalato fiducia pur di portare avanti la mia idea di lavorare con l’oro in uno dei Paesi più importanti del settore, la Svizzera, appunto.

È qui che ho preso il secondo schiaffo violento che la vita da imprenditore mi stava riservando. Persone sbagliate, progetti sbagliati, ideali e valori differenti.
Risultato: una montagna di soldi persi.

L’accettazione di questo fallimento è stata molto più dura della rapina di alcuni anni prima. Mi sentivo davvero pienamente responsabile di tutti gli sbagli commessi che mi avevano portato a quella situazione, e più ragionavo a mente fredda su quanto accaduto in quei mesi, più era evidente quanto l’ostinazione e l’ambizione a volte rendano ciechi.

Lezione numero 2: non idealizzare un progetto, affidati sempre ai numeri e progetta il da farsi qualora si verifichi lo scenario peggiore.

Ammetto che ogni lezione che ho preso mi è costata molto ma fortunatamente mi ero preparato economicamente ad affrontarla. In un certo senso, sono stati soldi spesi bene per darmi quella consapevolezza che un tempo non avevo.

Cercando un aspetto positivo negli sbagli che ho commesso, ho scoperto di avere una forte resilienza agli eventi avversi. Quando mi accade qualcosa di imprevisto, la mente pensa in modo iper rapido tutti gli scenari possibili e le varie scelte da poter prendere.
L’immobilismo fa molti più danni dell’azione.
Agisci ora e correggi lungo il percorso.

Sempre con Kostantin, conclusa l’esperienza delle poste, abbiamo intravisto una possibilità tra gli amministratori di condominio, settore che avevamo studiato per anni come fornitori.

Abbiamo visto che quasi nessuno ragiona da imprenditore ma sono tutte persone che pensano individualmente, lavorando in modo da diventare loro stessi il collo di bottiglia della propria attività.

Abbiamo quindi deciso di entrare nel settore con un magazine, Imprenditore Condominiale, di cui ero l’editore.
Un magazine senza pubblicità all’interno ma solo con contenuti di valore per il lettore, articoli che dessero punti di vista differenti e suggerimenti agli amministratori per approcciare al proprio lavoro in modo più imprenditoriale.

È stato subito un successo clamoroso, 2500 pezzi di tiratura per ogni uscita trimestrale e nel giro di 6 mesi abbiamo trasformato quelle lezioni cartacee in corsi di formazione in aula.
Ci dicevano che gli amministratori di condominio non avrebbero mai pagato per formarsi, abituati a farlo gratuitamente presso le loro associazioni.

Che dire, abbiamo messo in aula 130 amministratori da 52 città d’Italia differenti che hanno pagato cifre altissime per il loro settore, alcune volte diverse migliaia di euro per avere una nostra consulenza diretta. C’era davvero grande soddisfazione ma notavamo che la nicchia degli amministratori era piuttosto ristretta e inoltre il mercato dell’amministrazione condominiale non veniva davvero sfruttato per bene, se non da pochissime realtà.

Abbiamo così creato una nuova società con uno dei più importanti amministratori d’Italia e fondato Condes, un modo completamente nuovo di intraprendere l’amministrazione condominiale con l’ambizione di operare su tutto il territorio nazionale.

Le fondamenta su cui abbiamo creato questo modello di business si basano su un pilastro sovrano: azienda liquida. Abbiamo strutturato Condes infatti in modo da non avere costi che soffocassero l’azienda ma al contrario che crescessero all’aumentare del fatturato.
I veri costi aziendali sono tutti rivolti al marketing, cosa fondamentale per crescere quanto più velocemente possibile.

Essere liquidi ti permette di sopportare momenti duri come quello del Covid. Se avessimo sovraccaricato l’azienda di strutture e personale, in pochi mesi di stallo economico avremmo prosciugato la cassa. Al contrario, avere la possibilità di calibrare sempre i costi in base alla quantità di lavoro ti permette di crescere serenamente, senza contraccolpi a volte fatali.

Gli obiettivi che ci siamo prefissati sono ancora molto lontani, ci sarà moltissimo lavoro da fare ma siamo certi che, anche se non sarà facile, con il tempo ci riusciremo.

Ciò che ho imparato nel tempo quando si fonda un nuovo brand è che i primi soldi vanno spesi soprattutto a creare autorevolezza, a generare quell’aura di affidabilità che renderà più efficaci tutti i futuri messaggi di marketing. Ed è quello che ho fatto ogni volta che ho creato un nuovo brand. Prima le PR, poi il marketing.

Ecco quindi che se cerchi il mio nome su Google troverai decine e decine di articoli dei più importanti quotidiani italiani, interviste TV, libri, magazine che parlano di me associato al brand che in quel momento voglio spingere. Tutto materiale che serve a creare credibilità e affidabilità.

Se partissi subito a sparare solo messaggi di marketing all’esterno, lo scetticismo del pubblico quando scopre qualcosa di nuovo distruggerebbe le conversioni di tutte le campagne, i venditori farebbero fatica a portare a casa contratti, i clienti sarebbero molto più diffidenti. Ricapitolando quindi, lavora prima sulle PR del tuo brand (anche attraverso l’aiuto di un bravo ufficio stampa), e poi sul marketing.

Proprio a questo scopo ho scritto subito un libro, “Condominio Benessere”, che è diventato in pochi giorni best seller su Amazon. Non essendo io un amministratore non ho scritto un libro tecnico ma una guida da condòmino a condòmino per migliorare la vita condominiale. Questo libro ci ha permesso di arrivare nelle case di moltissimi italiani che ci hanno scelto ancor prima di parlare con noi.

Non ho idea di cosa mi riserverà il futuro ma so che nel tempo ho costruito uno stile di vita che mi piace, trovando un buon equilibrio tra lavorare sui miei obiettivi di business e coltivare le mie passioni godendomi il tempo libero. Nel tempo ho imparato a delegare tutto ciò che posso, questo perché ho dei collaboratori fantastici che mi permettono di concentrarmi su altro mentre l’operatività viene mantenuta ai massimi livelli di efficienza.

Tra le mie passioni c’è quella del volo, che non mi ha mai abbandonato. Non è un caso che negli anni sono diventato pilota di aerei privati, pilota di mongolfiera, paracadutista e pilota di parapendio. Si può dire che il mio elemento sia decisamente l’aria.

I miei amici mi chiedono spesso perché volo in parapendio e cosa si prova. Di solito rispondo su quante emozioni ti regala, il panorama, la soddisfazione, la condivisione.
Se scavo a fondo però le motivazioni reali vengono a galla. È uno sport che ti insegna a vivere. Sei costretto a prenderti sempre le responsabilità delle tue azioni. Quando fai un errore non puoi dare la colpa a qualcun altro, non puoi cercare scuse e non ci provi nemmeno.

Ti insegna a mettere l’ego da parte e ad avere rispetto dei tuoi limiti. La parte più difficile è scegliere di non volare quando altri lo fanno. Devi capire quando non è il momento di mettersi alla prova e rimandare a un’altra volta il tentativo di superare i propri limiti.

Devi, perché alcune scelte non possono essere cancellate, non puoi dire “fermate tutto, ho sbagliato”. Nel mondo aeronautico esiste un detto: “Meglio essere a terra e invidiare quelli che sono in volo che stare in volo e desiderare di stare a terra”.

Ho visto amici in un letto di ospedale per una singola scelta sbagliata. Ricordo lo sguardo triste di chi era cosciente che avrebbe dovuto combattere mesi per tornare a correre, e poi a volare. Non si deve mai discutere con Madre Natura perché ha sempre ragione lei. Se sei arrogante, ti presenta il conto. Allo stesso tempo, se capisci quando è il momento in cui puoi osare, sarà immensa la soddisfazione di aver superato un proprio limite, di aver fatto un traverso in cui fallivi sempre, di aver raggiunto una quota mai vista prima.

Lì in aria sei solo.
Tu e la tua vela.
Poca stoffa che ti tiene appeso nel vuoto, e solo il bip del fedele strumento di volo che ti tiene compagnia.

Ogni volta che ti ritrovi in nube, che giri una termica con un falco, che scambi un saluto incrociando il tuo amico sul costone, senti di essere nel posto giusto, nel momento giusto e sai che tutti i problemi che normalmente ti corrono dietro nella vita di tutti i giorni, lassù non riusciranno a prenderti.
Si vive come si vola. Si vola come si vive. Nel business non cambia molto. Se smetti di dare colpe all’esterno e ti assumi la responsabilità di quello che accade, avrai sicuramente un atteggiamento diverso e sarai molto più centrato quando dovrai prendere decisioni importanti, quando dovrai accettare l’idea di fare un passo indietro, quando dovrai superare i tuoi limiti perché sai che puoi farlo.

Cosa posso suggerirti dalla mia esperienza?

PILLOLA N.1 – Fai sempre business insieme a persone di cui ti fidi, che hanno i tuoi valori, sposano i tuoi obiettivi e che soprattutto siano disposti a rischiare soldi di tasca propria per la vostra idea comune. Esistono sicuramente delle eccezioni ma seguire questa regola diminuisce il rischio di fallimento.

PILLOLA N.2 – Non idealizzare mai un progetto senza sviluppare un business plan, prevedere diversi scenari, calcolare piani di riserva e un punto di non ritorno oltre il quale è dannoso insistere.

PILLOLA N.3 – Formati, studia, specializzati. Il mondo cambia alla velocità della luce, le tue conoscenze di oggi sono vecchie tra sei mesi. Se vuoi stare davanti la massa devi sapere sempre qualcosa in più della persona media.

PILLOLA N.4 – Impara sempre dai tuoi sbagli anche se fanno male e lasciano cicatrici con cui dovrai convivere per sempre. Sfrutta allora l’occasione per imparare qualcosa di nuovo e diventare una persona migliore.

PILLOLA N.5 – Anche nelle situazioni in cui ti sembra di sprecare tempo, cerca un risvolto positivo. Mi sono ritrovato in corsi noiosi e inutili ma anziché lamentarmi e basta, ho sfruttato quel tempo per approfondire la conoscenza di altri partecipanti. Da quelle conoscenze sono nate poi delle collaborazioni incredibili.

PILLOLA N.6 – Tratta i tuoi collaboratori sempre con rispetto, crea con loro un legame che vada oltre l’autorità che puoi avere nei loro confronti. Se rispetti, verrai rispettato. Allontana invece senza esitare chi ha valori differenti dai tuoi.

PILLOLA N.7 – Riserva del tempo per te stesso, ti serve per ricaricare le energie e performare meglio. Lavorare costantemente tutti i giorni, tutto il giorno, distrugge la tua produttività, soprattutto se il tuo lavoro consiste nello sviluppare idee (di marketing, di business, di management).

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